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Quando i maiali si ammalavano di mal rossino. © foto n.e. PAT

Il nome “mal rossino” deriva dalle macchie rosse che comparivano sulla pelle dell’animale.

In molti paesi del Trentino si trovano ancora persone, in prevalenza anziane, che sanno lavorare la carne di maiale, per preparare lucaniche e altre preziosità gastronomiche, che in passato erano alimenti di sopravvivenza. La lavorazione era vietata dall’autorità veterinaria se il maiale era affetto da mal rossino. Si tratta, spiega Carlo Costanzi, medico veterinario in pensione, di malattia provocata da un batterio gram-positivo, che si insedia nei linfonodi del tratto oro-faringe-trachea, ma anche nei casi peggiori nel sistema articolare o cardiaco. Si tratta, puntualizza l’esperto, di zoonosi, cioè di malattia che si trasmette anche all’uomo. Il nome “mal rossino” deriva dalle macchie rosse che comparivano sulla pelle dell’animale. Il caso doveva essere segnalato alle autorità, che facevano intervenire i carabinieri per impedire che la carne del maiale fosse lavorata, con il pericolo di trasmissione all’uomo. La malattia fu debellata o per lo meno ridotta con l’avvento dei primi antibiotici a metà degli anni ’40.

Sergio Ferrari

Ultimo aggiornamento: 2018-02-09 10:53


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